Respirazione Okinaga
Una corretta respirazione è sempre importante in attività che richiedano concentrazione e/o uno sforzo fisico, e lo Jūtaijutsu non fa eccezione. La calma e il “focusing” necessari nelle diverse forme della pratica dell’Arte possono essere aiutati da atti respiratori lenti e profondi, noti in Giappone come “OKINAGA”.
Il neofita del Jūtaijutsu potrebbe rimanere attonito durante le prime lezioni impartitegli, quando anziché apprendere come si aspetta, le “segrete tecniche di combattimento”, egli si veda esortato a re-imparare a respirare.
Respirare è uno dei pochi processi biomeccanici a risultare al tempo stesso involontario e volontario. Dal primo vagito respiriamo incessantemente fino all’ultima esalazione e ciò avviene al di là della nostra volontà; eppure possiamo decidere di trattenere occasionalmente il fiato, di rallentare la respirazione o di accelerarla. Respirare è quindi un processo almeno in parte condizionabile, con conseguenze anche rilevanti.
In tutto il mondo antico all’atto del respirare si è dato un grande valore dal punto di vista fisiologico e filosofico: in Oriente sin da Lao-Tzu, uno dei fondatori del Taoismo, l’inspirazione è considerato un atto yin, mentre l’espirazione un atto yang.
(N. Yin 陰 -Yang 陽: letteralmente questi due termini indicano i lati opposti di una collina, all’ombra e al sole. Sono usati nel Taoismo cinese per indicare il dualismo che compone l’Universo. Ciò che è Yin è freddo, negativo, femminile, introverso, inattivo, notturno, vuoto, tende verso il basso e l’interno. Ciò che è Yang è caldo, positivo, maschile, estroverso, attivo, diurno, pieno, tende all’alto e all’esterno. All’apice di espressione del primo polo si manifesta il secondo: essi hanno un’origine comune, non esistono a sé, ma in -relazione- all’altro, ognuno contiene il seme dell’altro. Questi poli non sono sinonimi di “bene” e “male”, ma anzi attraverso l’alternanza equilibrata di questi due poli nelle diverse manifestazioni naturali, sociali, fisiologiche, alimentari è possibile il mantenimento dell’Armonia, fine ultimo del Tao.)
L’aria pura proveniente dalla natura è considerata yang e entra nel corpo umano dinamicizzando lo yin. Secondo questa concezione, al fine del mantenimento dell’armonia – della vita, della salute, dell’energia, della psiche – è di primaria importanza che i due “momenti” di inspirazione ed espirazione si equilibrino fra loro. Se la qualità di inspirazione ed espirazione spontanee è segnale di armonia psico-fisica, nel momento in cui condizioniamo tale processo, non possiamo non condizionare al contempo tale armonia.
Accennando alla fisiologia della respirazione, si evidenzia la portata pratica di questi concetti in apparenza “solo” filosofici.
Con l’inspirazione il corpo umano viene nutrito di ossigeno, mentre con l’espirazione esso si libera dell’anidride carbonica presente nel sangue, scarto dei processi metabolici.
Alle diverse fasi ed alla velocità e profondità del ritmo di alternanza i./e. corrispondono diversi termini: iperventilazione – aumento a riposo del ritmo i./e.; apnea – interruzione del ritmo i./e.; tachipnea o polipnea – respiri brevi e superficiali (+20/min.); bradipnea – riduzione del ritmo i./e. (- di 12/min.); iperpnea (atti frequenti e profondi); dispnea (affanno – difficoltà a respirare).
La velocità dello scambio gassoso varia l’equilibrio di quantità nel sangue di ossigeno e anidride carbonica, influenzando il funzionamento dei tessuti e degli organi e favorendo l’accumulo di sostanze acide e tossiche. Inoltre la presenza di anidride carbonica nel sangue stimola il sistema nervoso centrale a procurarsi nuovo ossigeno (“fame d’aria”): così un’iperventilazione prolungata, riducendo la quantità di anidride carbonica e interrompendo lo stimolo ad acquisire nuova aria, causa paradossalmente la drastica diminuzione di ossigeno nel sangue.
La frequenza respiratoria è strettamente connessa alla frequenza cardiaca: il numero di battiti al minuto è inferiore durante l’espirazione e superiore durante l’inspirazione e ad un aumento del ritmo cardiaco corrisponde un immediato aumento del ritmo respiratorio. Attraverso apnea e iperpnea è possibile quindi ridurre sensibilmente il ritmo cardiaco, o aumentarlo con l’iperventilazione. Se poi ci riferiamo agli stati emotivi, sappiamo che la frequenza cardiaca può aumentare in condizioni di forte stress, per paura, per rabbia, per affaticamento. In questi casi è probabile che si inneschi un circolo vizioso: perdiamo il controllo di tutto – anche della respirazione, e rischiamo di compromettere ulteriormente la lucidità mentale o la performance fisica e, in casi estremi, la salute.
Analizzando le molteplici funzioni di un atto solitamente “lasciato al caso”, diventa importante apprendere una pratica respiratoria corretta per le diverse funzioni cui dobbiamo assolvere.
La pratica respiratoria di base nelle arti marziali affonda le sue radici nel metodo indiano Prānāyāma, lento e profondo, caratterizzato da pause apneiche dopo l’inspirazione e dopo l’espirazione, e quindi da un grande controllo del diaframma. Nel metodo giapponese “Okinaga” è prevista l’inspirazione con il naso e l’espirazione con la bocca, seguita talvolta da un piccolo “colpo di tosse”, onde creare maggior “Vuoto” che accolga il nuovo “Pieno” d’aria.
In tutta l’Asia alla respirazione vengono assegnate anche importanti funzioni energetiche. Non solo l’aria entrerebbe nel corpo di chi pratica la respirazione, ma anche il Ki (氣), l’Energia vitale che permea l’Universo. Accogliendo il Ki, introiettandolo e concentrandolo nel Saika Tanden 臍下丹田, corrispondente al secondo chakra indiano chiamato svadhisthana, il praticante sarebbe infine in grado di proiettarlo e di direzionarlo a proprio piacimento: al fine di curare, di proteggere, di concentrare, di sottomettere, di distruggere, di uccidere. Questa esteriorizzazione del Ki può avvenire in modo repentino, con un “grido” (Kiai 気合 – l’Unione al Ki), o tramite vocalizzazioni lente e continue, come i Mantra (in giapponese Shingon 眞言) del buddhismo esoterico (in Occidente il più famoso mantra è lo Om induista).
Per padroneggiare la respirazione, la pratica deve avvenire quotidianamente: dapprima ci si potrà “sedere” in posizione seiza o a gambe incrociate – con la schiena bene distesa ed il capo in linea, le spalle aperte e rilassate, il mento leggermente reclinato in alto ed il naso alla stessa altezza dell’ombelico – e procedendo con atti respiratori diaframmatici sempre più lenti e controllati (i giapponesi affermano, a indicare la respirazione ventrale, che si debba “respirare con i piedi” e che, tenendo una piuma o una fiamma davanti alla bocca, essa non dovrebbe muoversi nel momento dell’espirazione). Successivamente si potrà eseguire gli stessi esercizi in movimento, o in condizioni di stress psico-fisico, controllando e stabilizzando gli impulsi emotivi ed i movimenti corporei.